È possibile evidenziare una crescente attenzione al tema della Silver Economy ed una spinta culturale al cambio di paradigma: da una visione puramente assistenziale ad una nuova che riconosce nella popolazione Silver una potenziale opportunità di investimento e sviluppo.

Anche i grandi del Big Tech si stanno lanciando nel business della longevità, perché ne riconoscono un investimento intelligente che frutterà loro altro guadagno. Basti pensare a Sam Altman, ceo di OpenAi, che ha investito 180 milioni di dollari nella startup Retro Biosciences che ha come mission quella di allungare la vita di dieci anni. O Jeff Bezos, numero uno di Amazon, alla ricerca sulla rigenerazione cellulare ha destinato 3 miliardi puntando sulle biotecnologie sviluppate da Altos Labs. O ancora Bryan Johnson, 47 anni il prossimo agosto, che sta sfidando la morte con Blueprint, progetto a cui destina 2 milioni di dollari all’anno.

Il concetto che sta alla base è quello emerso da ricerca condotta da Rome Business School, intitolata “Da silver economy a longevity economy. Salute, tecnologia e opportunità di business“, secondo la quale, considerato che gli ultra cinquantenni aumenteranno del 44% nei prossimi 30 anni e gli ultra 65 supereranno gli under 15 entro il 2075, il contributo degli over 50 al Pil mondiale raddoppierà fino ad arrivare a 96 mila miliardi di dollari entro il 2050.

Silver Economy, una rivoluzione culturale e una grande opportunità di business

Secondo Dan Buettner, esploratore del National Geographic, saggista e scopritore delle Zone Blu, le 5 aree del mondo maggiormente popolate da ultracentenari, la silver economy è «una grande rivoluzione culturale, ma anche una grandissima opportunità». Egli sostiene che una società con tanti centenari è una società in salute.

Il mondo scientifico inizialmente era più orientato ad investire 80 milioni di dollari nella ricerca del farmaco o dell’integratore miracoloso e riteneva che uno scopo o essere inseriti in una comunità non fossero fattori tanto determinanti per la longevità quanto la dieta o l’attività fisica. Oggi la chiave per vivere a lungo è proprio la gioia di condividere, mangiare bene, rimanere attivi, avere uno scopo.

E’ sicuramente difficile convincere le persone ad abbandonare comportamenti scorretti e anche quando si riesce non è detto che li abbandonino davvero. Bisogna piuttosto costruire l’ambiente giusto dove tutti facciano inconsciamente le scelte ideali. Seguendo questa linea di pensiero, è nato in Europa il progetto City of Longevity, concetto che abbraccia la transizione da una società che invecchia a una società della longevità e considera il ruolo delle città come attori proattivi nel suggerire e sostenere stili di vita più sani per residenti e visitatori.

C’è una necessità sempre più concreta di lavorare nelle città e rendere promotrici della longevità. In che modo? Come suggerisce Nicola Palmarini, Direttore del Uk National Innovation Centre for Ageing e promotore del progetto, si può raggiungere questo obiettivo «riducendo l’inquinamento, migliorando la mobilità a piedi, trasformando i parchi, i condomini, le strade, fornendo elementi di coesione sociale ma anche eliminando le merendine dai distributori alle fermate della metro».

Cosa ne sarà di una società così piena di anziani? La morte ormai è vista solo come un problema superabile dalla tecnologia. Con l’allungamento dell’aspettativa di vita cambierà senz’altro la struttura della società e soprattutto i consumi.

Gli anziani sono infatti i consumatori ideali in quanto, oltre alla disponibilità economica, hanno un bene preziosissimo: il tempo. Più tempo per vivere, ma soprattutto per spendere. Un invecchiamento attivo e una più lunga aspettativa di vita sana porteranno, infatti, gli over 65 ad essere sempre più presenti sul mercato, sia come consumatori che come investitori.

Secondo i dati Eurostat, in Italia gli over 65 spendono maggiormente per la casa, le utenze, il cibo e le bevande, così come per servizi assicurativi privati legati alla salute. Con l’avanzare dell’età, aumenta di solito la probabilità di sviluppare condizioni di salute croniche e complesse che richiedono cure mediche continue.